Lo spettacolo:
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Lo spettacolo:
è un testo in dialetto pordenonese ambientato negli anni trenta del Novecento nella periferia di Pordenone. Il “ponte” del titolo in realtà non è altro che un sottopassaggio realizzato per far correre la ferrovia verso Udine e permettere ad una strada di proseguire la sua direzione tra il centro della città e la periferia in campagna. Questo “ponte” sancisce perciò la linea di demarcazione tra coloro si ritengono cittadini, “quasi nobili”, e chi invece vive ancora con il duro lavoro dei campi. Silvia gestisce l'osteria che sta dalla parte della campagna e il suo sogno è quello di oltrepassare il ponte per dar inizio ad una nuova vita. Il divertente spettacolo, condito da personaggi eccentrici, coppie di sposi di entrambe le provenienze, giovani innamorati ostacolati dalle rispettive famiglie e affari de "schei" da concludere, racconta il trionfo dell'amore e della semplicità delle cose, che aggiusteranno ogni divergenza, ed anche le aspirazioni di Silvia.
Note di regia: la riproposizione di un'opera ormai "storica" di Luciano Rocco da parte di persone che lo hanno conosciuto e vissuto, sotto diversi punti di vista, è un azzardo: innanzi tutto per il confronto artistico con le precedenti edizioni, poi per l’approccio diverso a sentimenti apparentemente dimenticati o perduti e, infine, per l’obbiettivo di mantenere il recitato tale e quale a quello dell’epoca rappresentata, tra scelte scenografiche più attuali.
È un testo, infatti, in cui il “nulla è cambiato” o l'opposto “guarda come eravamo” si alternano a battute di personaggi divertenti rispecchianti amarezze e piaceri, delusioni e successi di ogni essere umano. Il tutto è costantemente sottolineato dall’amore per il nuovo, per la propria terra, per la libertà, per la persona amata.
Gli attori, tra di loro sconosciuti in quanto provenienti da diverse compagnie amatoriali, hanno reso interessante la ricerca della caratterizzazione, sfibrando ogni battuta per poi ricucirla sul proprio personaggio, in un lavoro che ha rasentato la regia collettiva.
Spero l’autore non me ne vorrà se alcune scelte non rispecchiano la sua originale ispirazione.
Antonio Rocco
«Che un ponte el devènti par un omo, un motivo de odio, de barùfa, de guèra, l’è una roba rara. Tanti ani fa le ferovìe de lo Stato le gh’a fat a Pordenòn una scarpàda che, da la stasìon la riva fin quasi al ponte de la Meduna e sora el gh’a pusà le rotaie e fat còrer el treno… Per far passar le strade i gh’a fat dei sotopassàgi: un de questi sè el ponte de la Silvia, che’l sè diventà, a la fine, el confìn più morale che pratico, de la sente.
De qua e de là del ponte ghe sè do ostarìe: l’Ostarìa al Ponte, quela restàda da la parte de Pordenòn e l’Ostarìa de la Silvia, da la parte de la campagna... El problema el consisteva in tel fato che, quei de qua del ponte i se credeva “più alti”, quasi nobili, e i considerava, quei de là, sente sensa istrusiòn, contadini, no par el mestièr ma par el modo de far. In realtà i gera tuti precisi, parché anca quei de qua del ponte de la Silvia i sofriva, confrontandose con quei del centro. Anca lori i gh’aveva un ponte che i li divideva: quel con le do statue de “Adamo ed Eva” sora el fiume Nonsèl e che ‘l fassèva da ingresso a la cità.
Insoma una storia de ponti che i sé dei muri, ma che sol che dò soveni i li rièsse ad atraversàr.»
«Che un ponte divenga per un uomo motivo di odio, di litigi o di guerra è una cosa rara. Tanti anni fa le Ferrovie dello Stato hanno costruito a Pordenone un rialzo che, dalla stazione, arriva quasi fino al ponte di Meduna, e sopra di esso hanno posato le rotaie e fatto correre il treno… Per far passare le strade hanno costruito dei sottopassaggi: uno di questi è il “ponte de la Silvia”, che è diventato, alla fine, il confine più morale che pratico della gente.
Di qua e di là del ponte ci sono due osterie: l’Osteria al Ponte, quella rimasta dalla parte di Pordenone città, e l’Osteria della Silvia, dalla parte della campagna… Il problema consisteva nel fatto che, quelli “di qua” del ponte si credevano “più alti”, quasi nobili, e consideravano quelli “di là” gente senza istruzione, contadini, non per il mestiere ma per il modo di fare. In realtà erano tutti uguali, perché anche quelli “di qua” del ponte della Silvia soffrivano, confrontandosi con quelli del centro cittadino. Anche loro avevano un ponte che li divideva: quello con le due statue di Adamo ed Eva sopra il fiume Noncello e che faceva da ingresso alla città.
Insomma, una storia di ponti che sono dei muri, ma che solo due giovani li riescono ad attraversare.»
Genere: commedia brillante in due tempi di Luciano Rocco
Regia: Antonio Rocco
Personaggi e interpreti
Silvia l'ostessa: Barbara Gasperina
Berto il lavorante: Matteo Bozzer
Giovanni un sensale: Daniele Rampogna
Lucia giovane innamorata: Erika Perissinotto
Marco giovane innamorato: Mauro Artico
Martino un ricco fattore: Ferruccio Santarossa
Amalia sua moglie nobile: Patrizia Morello
Massimo l'industriale: Andrea Burato
Margherita sua moglie ricca: Stefania Moras
Pasquale il matto della borgata: Roberto Barbisin
Cesira una zitella: Neva Aureli
Introduzione: Andrea Calderan
Collaborazione: Nicoletta Collauto
Grafica: Sara Tomelleri
Scene: Paolo Pasut e Loris Mason
Costumi: Francesco Bressan
Luci: Davide Busetto
Audio e musiche: Francesco Zanella